il Caffè di Meliadò

22 ottobre 2013

E’ un’eletta in Calabria la presidente dell’Antimafia! ….è Rosy Bindi

In qualche modo, la Calabria può gioire: dopo un esecrabile stallo durato otto mesi (!), la Commissione parlamentare antimafia è finalmente al completo. E per contrastare le ‘ndrine (ma anche CImmagineosa nostra, camorra, Sacra corona unita, Basilischi e quant’altro…), l’organismo sarà guidato – è stato appena deciso – da un parlamentare eletto in Calabria. 
Nello specifico, si tratterà di una deputata eletta in Calabria…

….Rosy Bindi da Sinalunga, nel Senese.
Praticamente una neofita della politica: la sua carriera nel settore è infatti iniziata “solo” nel 1989. Alle Europee del 18 giugno, la Bindi, fresca d’adesione alla Dc, fu immediatamente eletta con un diluvio di preferenze (ben 211mila): il Muro di Berlino, per dire, sarebbe caduto soltanto il 16 novembre di quello stesso anno…
Ministro nel governo Prodi e nei due governi D’Alema, come deputata – poverina! – ha accumulato “solo” sei legislature: infatti alle ultime Politiche, quando s’è deciso che piuttosto che azzopparli i parlamentari del Partito democratico con 20 o 25 anni da deputati/senatori sul groppone sarebbero stati cordialmente rispediti a casa salvo avessero chiesto la deroga alla Direzione nazionale del partito… Rosy Bindi ha – ovviamente – chiesto la deroga. Accolta, con una clausola punitiva: per ottenere la candidatura, avrebbe dovuto sottoporsi alle primarie nel feudo, ops!, nella circoscrizione provinciale di Reggio Calabria.

Il resto lo sapete: trionfatrice al femminile senza problemi in quelle Primarie (trionfo “rosa”, in quanto primo assoluto risultò …un bindiano!, l’allora consigliere regionale e oggi a sua volta deputato dèmocrat Demetrio Battaglia: e, attenzione!, era ammessa la cosiddetta doppia preferenza di genere, cioè l’accoppiata sulla scheda di due preferenze anziché una sola, purché di due sessi differenti), la Bindi venne poi candidata quale capolista in Calabria per Montecitorio e rieletta, pronta per la sua sesta legislatura.

In tutto ciò, però, era successo che conducesse una campagna elettorale assolutamente soft, ad esempio sul tema della criminalità organizzata.

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9 agosto 2013

Comune di Reggio Calabria, l’incandidabilità “di massa” apre la campagna elettorale

In assoluto, non si può certo definire una sorpresa il verdetto con cui la prima Sezione civile del Tribunale di Reggio Calabria (presidente, Rodolfo Palermo) ha sancito l’incandARENA Demyidabilità «alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali» (che, pure, a Reggio non si terranno in quanto anche tale Comune rientra fra i tantissimi ormai privi dei requisiti per potersi munire di consigli di zona), per otto ex amministratori comunali reggini.
Alcune cose vanno però puntualizzate, per correttezza innanzitutto verso la pubblica opinione, che dal 9 ottobre 2012 –data in cui il Comune di Reggio è stato sciolto per «contiguità mafiose» – è stata frastornata da molte bugie dolose, parecchie inesattezze e certamente da un buon numero di strumentalizzazioni, tentate o riuscite.

Intanto, nel metodo: non è un verdetto “massivo”. Vero è che quasi tutti i “convenuti” sono stati colpiti dalla sentenza di ieri, ma questo non può senz’altro ingenerare il dubbio che la sanzione abbia colpito tutti indiscriminatamente. Anzi.
È stato rigettato, infatti, il ricorso nei confronti di Bruno Bagnato (capogruppo Udc), Nicola Irto (Pd, unico esponente del centrosinistra interessato al procedimento) e Nicola Paris (Reggio Futura), tra i quali e il Ministero dell’Interno è però disposta – forse discutibilmente – la compensazione delle spese. Ma l’esito negativo per tre degli ex amministratori menzionati in relazione sui complessivi 11 attesta che i giudici, com’era da attendersi, hanno operato coscienziosamente, vagliando caso per caso; al di là, chiaramente, della condivisione o meno dei singoli esiti.

Ci sono poi gli otto ex amministratori dichiarati incandidabili, in testa l’ex primo cittadino Demy Arena (in atto, assessore regionale alle Attività produttive nella Giunta guidata dal predecessore alle redini di Palazzo San Giorgio, Peppe Scopelliti), condannandoli inoltre a pagare in solido (cioè tutti insieme ovvero a partire da uno solo di loro, salvo il diritto di rivalsa) cinquemila euro per spese di giudizio.
Fondamentale capire di cosa stiamo parlando.

Intanto, non si tratta certo di una condanna che lambisce “di striscio” l’Amministrazione comunale sciolta esattamente 10 mesi fa. Infatti il verdetto centra in pieno l’ex sindaco e l’ex presidente dell’Assemblea, quattro ex assessori (Walter Curatola di Reggio Futura – Sport, Spettacolo e Patrimonio edilizio; Giuseppe Martorano del Partito repubblicano – Anagrafe, Decentramento e Protezione civile; Pasquale Morisani di Scopelliti Presidente – Lavori pubblici; Luigi Tuccio, esterno – Urbanistica) e due ex consiglieri comunali (Peppe Eraclini e Pino Plutino, entrambi del Pdl).

La sentenza coinvolge, dunque, in pieno l’intera “cabina di regia” del Comune tra il 2011 e il 2012.
E stavolta, profilo da non trascurare, l’esito sfavorevole (in questo caso giudiziario) non arriva da Roma, che parte della politica reggina considerò “matrigna” il 9 ottobre dello scorso anno, quando per la prima volta in Italia un ministro dell’Interno (l’oggi Guardasigilli Annamaria Cancellieri) decise di sciogliere il Consiglio comunale di un capoluogo di provincia.

Né mancano interessanti “spigolature”.

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24 luglio 2013

Per la Cancellieri, un “comitato d’accoglienza” in piazza

Ad “accogliere” come vedete nella foto Cancellieri contestata (1)il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri davanti alla Prefettura – per la verità, più che altro ad attenderla all’uscita… – c’erano pure ben cinque ex amministratori comunali pidiellini di Reggio Calabria: Franco Germanò, fino a pochi giorni fa presidente della società mista “Recasi” e con un passato da assessore ai Lavori pubblici; Peppe Agliano, ex assessore al Bilancio e allo Sport con una lunghissima “carriera” in Assemblea; Daniele Romeo, già consigliere comunale pidiellino e oggi coordinatore del Pdl “Grande città” e strettissimo collaboratore del governatore Peppe Scopelliti (e già ai vertici della Giovane Italia regionale); Pasquale Naso, l’unico a essersi “affacciato” in Consiglio comunale solo nell’ultima, brevissima consiliatura (ma anche l’unico del gruppo ex “forzista” e non ex “aennìno”).

Il tutto, in una cornice legata fondamentalmente a due soggetti: la Giovane Italia, rappresentata da alcuni attivisti incluso il suo presidente provinciale Luigi Amato, e il Centro studi tradizione e partecipazione, schierato con Saverio Laganà e Nicola Malaspina (e alcuni dei “big” citati prima).

Inutile dire che questo drappello di esponenti politici di centrodestra non era lì per caso, no. Come si sussurrava nei giorni scorsi, in definitiva era impossibile che al ministro dell’Interno che ha decretato lo scioglimento del Comune di Reggio Calabria per «contiguità mafiose» non fosse riservata una qualche forma di contestazione, dopo le tante iniziative pubbliche di censura di quella decisione (incluso un pamphlet a cura dei parlamentari pidiellini della scorsa legislatura).

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4 Maggio 2013

Cafiero De Raho: manifestazioni legalitarie? Senza politici, grazie!

Reggio Calabria? Secondo il neoprocuratore RNT e De Rahodella Repubblica Federico Cafiero De Raho, «sta compiendo importanti passi avanti», ma complessivamente «è come la Casal Di Principe di 20 anni fa».

Una valutazione a dir poco tranchant, per la Città metropolitana dello Stretto. Ma che l’alto magistrato non getta lì a caso. Anzi.

Nel corso dell’incontro tenuto insieme al presidente del Tribunale reggino Luciano Gerardis con gli attivisti del movimento Reggio Non Tace, quest’uomo dal carattere mite s’è dimostrato una vera fucina di considerazioni e di aneddoti.

«In certi ristoranti reggini, se entra un magistrato c’è “movimento”: si nota sùbito, e magari poi vengono a dirti con malcelato imbarazzo “è tutto prenotato”. A me è capitato personalmente», ha rivelato il procuratore capo di Reggio Calabria nel corso dell’incontro, un batti-e-ribatti di domande (spesso articolate e impegnative) e risposte col pubblico in sala, all’auditorium “Don Orione” della parrocchia di Sant’Antonio. (more…)

12 febbraio 2013

Gesualdo Costantino: medico, politico, amministratore. E, secondo la Dda di Reggio, non solo questo…

Un pedigree d’assoluto rispetto.

Politico giovane (compirà 44 anni fra 6 giorni esatti) e dinamico, Gesualdo Costantino – medico di professione, tra i 65 presunti appartenenti al clan melitese della ‘ndrina Iamonte arrestati nell’àmbito dell’operazione Ada, cioè Armi droga e appalti, messa a segno oggi dai Carabinieri su input della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria – stava nel nucleo degli amministratori “di nuova generazione” con un robusto credo ex-democristiano e allevati da un capocorrente significativo come l’ex assessore regionale (e consigliere regionale in carica) Pasquale Tripodi.

Il suo “giro” politico-partitico non era stato troppo distante rispetto a quello di altri amministratori provinciali (ad esempio, l’ex consigliere provinciale Nino Romeo l’oggi sindaco di Palmi e consigliere provinciale udiccino Gianni Barone). Così, Costantino militò nell’Udeur qucostantino.jpgando l’ex sindaco di Bova Marina era coordinatore provinciale dei mastelliani, e in questa veste il 24 novembre 2006 Tripodi ebbe a modo di “presentarlo” (vedi foto a sinistra: il primo da sinistra, accanto a Tripodi, è appunto Costantino) alla gente di Melito Porto Salvo quale vicepresidente della Provincia e assessore provinciale del collegio Melito-Montebello Jonico-Roghudi.

E certo non è un passaggio che si possa sottacere, questo. Sì, perché il presidente della Provincia reggina del tempo, l’oggi capogruppo pd a Palazzo Foti Pino Morabito, non solo è persona rispettabilissima ma – avvocato – ha anche  un ragguardevolissimo passato forense alle spalle, che include anni e anni da presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Reggio Calabria.

La scelta di Gesualdo Costantino, dunque del principale tra i propri collaboratori in Giunta, Morabito la riteneva del tutto “blindata” sotto il profilo legalitario (controprova? In altri momenti, quando riemersero le ombre d’ingombrantissime parentele con la ‘ndrina jonica degli Aquino per il suo assessore provinciale Rocco Agrippo, esponente socialista, Pino Morabito non esitò un istante a fargli “spintaneamente” rassegnare le deleghe, pur restando Agrippo nell’esecutivo “per la faccia della gente”. E fece bene: politicamente, perché in un “fiat” l’assessore di Gioiosa Jonica passò armi e bagagli all’Mpa e dunque al centrodestra. E poi in quanto le cronache, non molto tempo dopo, ci restituirono un Agrippo tra gli arrestati di un’altra pesantissima operazione della Dda reggina, “Circolo Formato”).

Poi la diaspora degli ex del “partito del Campanile”, con Pasquale Tripodi e molti dei suoi a traghettare dall’Udeur all’Unione di centro dapprima (ai tempi in cui segretario provinciale era il compianto Paolo Mallamaci, come in precedenza lo era stato anche dell’Udeur).

A proposito: ma perché quella fuga di massa dalle sponde mastelliane?

….Perché nel frattempo proprio Tripodi era stato arrestato, con grande clamore, nell’àmbito della megaopeminn.jpgrazione Naòs (che tratteggiava inquietanti link tra ‘ndrangheta e camorra, sotto l’ègida d’imponenti business nell’edilizia come nel narcotraffico) esattamente mentre era assessore regionale al Turismo e alle Attività produttive. E l’oggi capolista al Senato per il Pd Marco Minniti (mi
nistro junior all’Interno nel dimissionario governo
Prodi) fu tra coloro i quali si complimentarono per la brillante operazione, sollecitando «liste rigorose» per le Politiche imminenti; mentre Clemente Mastella (che fino ad allora nel medesimo esecutivo era stato Guardasigilli) prese recisamente le distanze, negando tra l’altro di aver avuto l’intenzione di candidare Tripodi per Palazzo Madama.

“Gelo” (e presunte bugie) che fecero arrabbiare di brutto i Tripodi-boys che quando, 23 giorni dopo la misura cautelare, l’assessore fu scarcerato per poi uscire definitivamente dal processo, fecero scaturire una “fuga di massa” dall’Udeur.

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6 gennaio 2013

Se la subcultura mafiosa ha invaso il Nord

Non poteva fare un esempio migliore Enzo Ciconte (nessun legame con questo o quel politico: parliamo dello strepitoso storico della mciconteafia che insegna Storia della criminalità organizzata a Roma Tre, già deputato pci), per tentare di far comprendere in maniera “definitiva” quanto la ‘ndrangheta sia ormai da tempo un problema non solo calabrese, ma di tutto il Paese.

L’esempio prescelto è stato quello relativo all’operazione Minotauro; o meglio, a ciò che è venuto dopo l’operazione della Direzione distrettuale antimafia di Torino…

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9 dicembre 2012

Comune di Reggio, presentato il ricorso

A distanza di due mesi esatti da quando si ebbe notizia ufficiale dello scioglimento del Comune di Reggio Calabria peareniusr contiguità mafiose, il Pdl ha reso noto – 9 dicembre 2012 – d’aver formalizzato la presentazione del ricorso contro lo scioglimento dell’Ente. 

Sarà il caso di ricordare che, dopo il “famoso” invito pubblico a Palazzo Campanella in sede di conferenza stampa da parte del (fin qui) ex sindaco reggino Demy Arena, neanche “da destra” si sono levate le ipotizzate centinaia o migliaia di voci di politici, società civile, semplici cittadini a invocare il ricorso (mentre invece tante sono state le puntualizzazioni su imprecisioni più o meno significative contenute nella relazione stilata dalla Commissione d’accesso).

Ma c’è un quesito ancor più stringente, direi: chi paga?

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15 ottobre 2012

Scioglimento Comune di Reggio, Fedele incita Arena: “Opportuno impugnare il decreto”

“Star” della politica calabrese, Luigi Fedele da Sant’Eufemia d’Aspromonte – una solidissima carriera politica in Forza Italia prima e nel Popolo della libertà poi, assessore regionale al Turismo e poi presidente del Consiglio regionale, deputato pidiellino e poi capogruppo berlusconiano a Palazzo Campanella, oggi assessore regionale a Trasporti e Internazionalizzazione –, ha una certezza e un consiglio.

La certezza: sciogliere per «contiguità mafiosa» il Consiglio comunale di Reggio Calabria è stato un drammatico errore. Il suggerimento: caro Demy Arena… contro questo provvedimento, dovresti fare ricorso.

Assessore Fedele, ci rivolgiamo a lei da politico del Reggino… Sta per entrare in Camera di commercio per un importante appuntamento sull’internazionalizzazione. A pochi metri da qui, ha appena avuto luogo l’insediamento della commissione straordinaria, dopo lo scioglimento del Comune di Reggio Calabria…

«Io credo che lo scioglimento del Consiglio comunale di Reggio Calabria sia e sarà una tragedia per la città. Alla fine non ci sarà alcun giovamento, anche perché i cittadini non avranno un riferimento e soprattutto non ne avranno uno come il sindaco Demy Arena, persona capace e preparata che, devo dire, in questi mesi di lavoro ha dato un segnale forte alla città».

Scioglimento iniquo, dice lei. Ma c’erano o no, le condizioni per procedere?

«Sono convinto che non ci fossero, onestamente, anche leggendo la relazione, questi margini per andare allo scioglimento. Cosa diversa la responsabilità dei singoli, che vanno perseguite, com’è giusto che sia; la lotta alla criminalità; isolare chi ha sbagliato… Ma vedo che anche in questa relazione ci sono diversi punti poco chiari, alcune disattenzioni… Forse, tutta questa necessità e urgenza di commissariare il Comune di Reggio Calabria, che poi rappresenta l’intera Calabria anche quale sua più grande città, non è stata positiva».

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Dopo lo scioglimento per “contiguità mafiosa”, arriva a Reggio Calabria la Commissione straordinaria – Istruzioni per l’uso

La città di Reggio Calabria vive le sue ultime ore senza la terna commissariale (che sarà guidata dal prefetto Vincenzo Panìco , vedi foto sotto, e integrata da Giuseppe Castaldo e Dante Piazza), dopo il Decreto presidenziale di scioglimento del Comune per «contiguità mafiosa», in recepimento della recentissima decisione del Consiglio dei ministri.

Casi di scioglimento. L’articolo 39 dell’ordinamento delle autonomie locali (legge 142/90) prevedeva che i Consigli comunali e provinciali potessero essere sciolti per atti contrari alla Costituzione, gravi e persistenti violazioni di leggi o gravi motivi d’ordine pubblico. L’articolo 15-bis della legge 55/90 introdotto col decreto legge 164/91 sancì invece il possibile scioglimento in caso d’accertati collegamenti diretti o indiretti tra amministratori e criminalità organizzata o di condizionamento tale da comprometterne la «libera determinazione» o il «buon andamento» dell’Ente o da arrecare grave e perdurante pregiudizio per la pubblica sicurezza. Al Prefetto era attribuito il potere di sospendere gli organi dalla carica ricoperta per 60 giorni – durante i quali intervenivano i commissari – in attesa del decreto di scioglimento dell’Ente. Ora invece a normare la materia sono gli articoli da 143 a 146 del Tuel (decreto legislativo 267/2000).

Il Dpr. Lo scioglimento, sostanzialmente deciso dal Viminale, sotto il profilo formale è un Dpr (decreto del Presidente della Repubblica) emanato su proposta del ministro dell’Interno previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il Dpr relativo allo scioglimento del Comune di Reggio Calabria è stato firmato dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano l’11 ottobre scorso: nelle 6 pagine circa di relazione del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri si legge fra l’altro nel Dpr – trasmesso alle Camere contestualmente alla sua emanazione e il quale, dopo il “via libera” del Quirinale e della Corte dei conti, sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale – che l’Ente reggino «presenta forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata tali da determinare l’alterazione del procedimento di formazione degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione con grave pregiudizio per l’ordine e la sicurezza pubblica», rivelandosi «permeabile» al pressing delle ‘ndrine.

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21 Maggio 2012

Torna in carcere per presunta contiguità al clan Commisso di Siderno l’ex consigliere regionale Cosimo Cherubino

Nuova megaoperazione che scuote dal profondo il nostro territorio per via dei presunti legami tra ‘ndrangheta e politica… Lo si capisce fin dall’evocativo nome tributato alla stessa operazione: La falsa politica. Quindici presunti membri della ‘ndrina sidernese dei Commisso sono stati infatti arrestati nella notte dagli agenti della Squadra mobile della Questura di Reggio Calabria in collaborazione con gli uomini del Commissariato di Siderno e dello stesso Sco, il Servizio centrale operativo della Polizia, in ottemperanza a un mandato del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria (in accoglimento della conforme richiesta della Direzione distrettuale antimafia reggina). E tra gli arrestati ci sono alcuni nomi “eccellenti” della politica calabrese…

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