S’è chiuso un paio d’ore fa il Consiglio regionale dedicato alla modifica della legge elettorale, varata a maggioranza e fra mille polemiche.
Il senso ultimo della battaglia d’aula è che mentre il centrosinistra compatto chiedeva di tornare esattamente alla normativa vigente prima della riforma del 3 giugno scorso, invece il centrodestra ha chiesto e “imposto” si mantenesse la piattaforma della legge elettorale riformata, per poi procedere soltanto (come da ordine del giorno) all’«adeguamento» del canovaccio legislativo ai rilievi formulati dai dipartimenti Interno e Affari regionali, scampando in questo modo ai probabilissimi – sicuri, diciamo – rigori di una sentenza della Corte costituzionale.
In mezzo all’articolatissimo dibattito sulla normativa elettorale, anche una sorta di “retroscena” che riguarda le nomine.
Questa disgraziata consiliatura regionale termina, infatti, anche con un profondo smacco per l’udiccino Franco Talarico. Il presidente dell’Assemblea è infatti l’unico, nelle ultime tre consiliature almeno, a non essere riuscito a condurre in porto le nomine di competenza del Consiglio regionale (tra i suoi pochissimi poteri, ormai, nell’epoca di Governatori prescelti a suffragio diretto…). E questo è certamente un portato da un lato dell’esasperato “trascinamento” di una consiliatura morta da mesi per via dell’esautoramento per via giudiziaria del presidente Peppe Scopelliti (condannato a 6 anni di carcere, in primo grado, per falso ideologico e abuso d’ufficio nel “processo Fallara”), ma dall’altro certamente anche della dialettica un po’ troppo marcata tra maggioranza e opposizione, con ben poche reali aperture alle istanze delle forze di minoranza da parte di chi a Palazzo Campanella aveva la forza dei numeri.
Il fatto è che da tre consiliature almeno (appunto) il nostro regionalismo malato non riesce neppure a incassare quello che, visto con gli occhiali del normalissimo cittadino-elettore, sarebbe un risultato piccino-piccino: che maggioranza e minoranza si mettano d’accordo quando c’è da sfornare le nomine per gli Enti subregionali.
E così, classicamente, decide qualcun altro; nel caso di specie, in surroga, il potere di nomina (fermo restando il rispetto delle prerogative “cencelliane” dell’opposizione) viene attribuito direttamente al presidente dell’Assemblea. Questo, soprattutto perché il busillis delle nomine, a fronte di centinaia di questuanti, di professionalità a dire il vero spesso latitanti…, molte volte diventava un rovello irrisolvibile malgrado dozzine di sedute in cui potersene occupare.