il Caffè di Meliadò

30 luglio 2013

CASO RAPPOCCIO (3) // Rappoccio, da “dimissionario precario” a bi-consigliere “congelato”

In conferenRappoccio conf. stampa (1)za stampa, qualche giorno fa, specie nel sentire il pur sempre validissimo avvocato Giacomo Iaria sottolineare che il suo assistito Antonio Rappoccio ormai «gode di un credito oggettivamente minore» che in precedenza, dopo la tortuosa vicenda giudiziaria abbattutasi su di lui e tanto più dopo sei mesi di custodia cautelare in cella e altri quattro mesi ai domiciliari, questo blogger la questione non aveva potuto non porla.
Ferme tutte le possibilità di difesa per Rappoccio “ormai” uomo libero, ferma restando la facoltà per l’eletto di “Insieme per la Calabria” di chiedere la reintegrazione in Consiglio regionale una volta venuta meno la misura cautelare nei suoi confronti, merita la Calabria – anche per un periodo circoscritto, ossia fino al 24 settembre – di annoverare tra i suoi 50 consiglieri a Palazzo Campanella un rappresentante che la sua stessa difesa tecnica ritiene ormai (giustamente o meno) screditato?

Diciamo sùbito una cosa: in Assemblea – nell’inizio dei lavori consiliari – sùbito prima della conferenza stampa citata –, l’unico ad aver avMimmo Talaricouto qualcosa da ridire è stato il consigliere regionale rendese Mimmo Talarico (nella foto a sinistra), unico in tutto il consesso a votare “no” alla reintegrazione di Rappoccio.
Non è un passaggio da poco.

Il procuratore capo di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, dopo la revoca dei domiciliari nei confronti dell’ex esponente del Pri (che ai giornalisti ha peraltro precisato di essersi sentito «abbandonato» dal Partito repubblicano e di non riconoscercisi più, e di non aver concordato la propria condotta rispetto allo scranno assembleare né col partito guidato su scala nazionale da Franco Nucara né, tantomeno, dalla lista “Insieme per la Calabria” in cui il primo dei non-eletti Aurelio Chizzoniti è stato anche il suo più implacabile accusatore, fino a prenderne il posto a Palazzo Campanella), aveva formulato una richiesta di “revoca della revoca” rispetto alla misura cautelare degli arresti in casa. Una richiesta respinta, in estrema sintesi, con la mancanza di riscontri «ufficiali» sulla volontà di Antonio Rappoccio di tornare in possesso del proprio incarico da consigliere regionale. Tradotto dal magistratese: se la richiesta verrà reiterata una volta tornato Rappoccio componente del Consiglio, sarà arrestato di nuovo.

Adesso, la svolta; una svolta umiliante – va detto – per l’Istituzione regionale, nei fatti “bacchettata” dalla magistratura.

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28 luglio 2013

Parlare “a spanne”: Scopelliti e i giornalisti “nemici della città”

Partiamo da un assunto-premessa: chi amministra la cosa pubblica deve rendere conto a media e opinione pubblradiogiornalitvica, non viceversa.
Sarebbe fin troppo facile, in caso contrario, che i politici – già spesso, purtroppo, avvezzi a questo malcostume, specie in territori “difficili” – inabissassero il loro operato amministrativo dietro la scusa che questa o quella testata, questo o quel cronista “parla male di loro”…
Fuori dall’attività politicoistituzionale, invece, rimane il principio della responsabilità personale: commette un reato il medico che si macchi di “malasanità”, il funzionario pubblico che si faccia corrompere, il calciatore che “venda” le partite… E naturalmente pure il giornalista che dolosamente scriva il contrario di quella che lui sa bene essere la verità magari anche documentale dei fatti. Ma si tratta di responsabilità a titolo individuale, quella di qualsiasi cittadino che deve ovviamente rispondere delle proprie azioni ai fini civili e penali, ove la legge lo sancisca. E poi ce n’è un’altra, indiretta: quella verso la limpidezza dell’informazione e del “patto coi lettori” (proprio come per il magistrato corrotto la responsabilità di procurare sfiducia verso la tripartizione dei poteri e il corretto esercizio del potere giudiziario, per il commercialista colluso l’indiretta responsabilità di agevolare le cosche alimentando la “zona grigia” etc.).

…Personalmente, questo blogger si batte da una vita, e sempre lo farà, per l’abrogazione di tutti i “reati d’opinione” e dell’odioso strumento della querela per diffamazione – spesso, vergognosamente usato a scopo “intimidatorio” – in particolare. Esistono infatti sicuramente ben altri strumenti per rendere giustizia alla Verità, ove infranta (depenalizzazione, norme più stringenti sulla rettifica, un utilizzo finalmente appropriato delle norme deontologiche che resituisca senso all’esistenza di un Ordine professionale, interattività nel caso del giornalismo on-line, perseguimento delle imprese che la parte lesa supponga abbiano incassato profitti illeciti da nonverità “dolose” anziché del singolo cronista molto più facile da colpire e molti molti altri che voi stessi potreste enumerare…).

Tutto Scopscopquesto, però, non c’entra niente con le recenti esternazioni del presidente della Giunta regionale Peppe Scopelliti che in due diverse occasioni, tra venerdì sera (in un incontro pubblico sul “decreto Taurianova”) e sabato mattina (in una conferenza stampa su un bando regionale sull’energia) s’è posto, e in realtà “ha” posto, precisi quesiti su una presunta informativa di polizia in cui si farebbe riferimento a una non meno presunta «manipolazione della verità e delle notizie» da parte di «cinque-sei giornalisti» che, ha affermato sempre il Governatore, sarebbero «sotto inchiesta a Catanzaro», anche se 1) «sicuramente quest’inchiesta verrà archiviata» (versione di venerdì sera) 2) «io non so esattamente se si tratti di un’inchiesta chiusa o ancòra aperta» (versione di sabato mattina).

Affermazioni che, diciamolo sùbito, sono finite nel mirino di molti giornalisti perché reputate inesatte-incomplete-inopportune-capziose (secondo le varie censure mosse) e anche dell’Fnsi (il sindacato dei giornalisti) della Calabria.

Prima di esporre le mie personali riserve, però, va chiarito un punto: qualsiasi cosa si pensi al riguardo, non bisogna indulgere all’appartenenza di questo o quel politico, né alle idee o alla testata di riferimento di questo o quel giornalista. I princìpi di cui stiamo parlando riguardano tutti i giornalisti italiani (e non solo) e il loro comportamento di fronte al Potere (di qualsiasi partito, coalizione, Ente).

Ora, personalmente, questo blogger ritiene che molte molte cose in quello che ha detto il presidente della Giunta regionale calabrese non vadano bene.
A partire dall’essersi intrattenuto, nel corso di due appuntamenti che palesemente nulla c’entravano col rapporto tra potere e media (cosa riguardassero, è scritto in questo stesso post diverse righe più su), su una presunta informativa; una presunta inchiesta; dei presunti contenuti; una presunta manipolazione; un presunto numero di giornalisti.
Un “parlare a spanne” che sicuramente non fa giustizia dello stesso Scopelliti.

Anche perché, vedete, Peppe Scopelliti non ha mai smentito d’aver ricevuto una richiesta d’informazioni da parte dell’ex sindaco ed ex ministro Gianni Alemanno (…e uno che è stato ministro, volendo, potrebbe chiedere lumi anche altrove…) circa la statura morale, diciamo così, del suo referente calabrese in pectore: quel Franco Morelli (ricordate le fatidiche parole videoriprese in un colloquio con Mimmo Crea in Consiglio regionale?, «Il compare di tuo compare è mio compare…», a nostro avviso anche scherzose, se vogliamo) poi arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa nell’àmbito del “caso Sarlo”.
Scopelliti avrebbe «verificato» – con chi, se non con Prefetture e/o forze dell’ordine? Politicamente, infatti, sapeva perfettamente di chi si stesse parlando – per poi rassicurare l’ex ministro alle Politiche agricole, che Morelli non l’aveva mai neppure incontrato… com’è finita la vicenda, è noto. Epperò, insomma, pare difficile che stavolta (quando sarebbe ben più semplice procurarsele…), le informazioni le chieda a qualcun altro, no?

Ma il “caso Sarlo” ci giova, nel ragionamento, per almeno un altro motivo. Peppe Scopelliti è lo stesso uomo politico di lungo corso (ex consigliere comunale, ex presidente del Consiglio regionale, ex assessore al Lavoro, ex sindaco di Reggio Calabria per due mandati…) che non ha battuto un ciglio di fronte al comportamento del catanzarese Mimmo Tallini. Il quale, nel “processo Sarlo”, s’è avvalso della facoltà di non rispondere. Un atteggiamento processualmente del tutto lecito; politicamente, però, dubitiamo che Tallini (o chi per lui, se protagonista fosse stato un altro politico anche d’altro colore) potesse restare assessore regionale un secondo di più dopo un’azione del genere, alla periferia dell’omertà. Invece… su quell’atteggiamento non c’è stato niente da ridire; e difatti l’assessore “muto” davanti ai giudici è ancòra in Giunta.

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26 luglio 2013

CASO RAPPOCCIO (2) // Chizzoniti: “Strategia infantile, ma spera in qualche magistrato”

(segue)

«Dimissioni paradossali». «Strategia infantile che insulta anche l’intelligenza di un bambino».

…È così che la pensa l’accusatore #1 di Antonio Rappoccio, cioè Aurelio Chizzoniti (accuratamente mai, mai, mai menzionato, neppure una volta, nel cochiz2rso dell’intera conferenza stampa di ieri pomeriggio dello stesso Rappoccio, pure sostanzialmente indagato prima e arrestato poi solo per le circostanziatissime denunce dell’ex presidente del Consiglio comunale di Reggio Calabria).

Chizzoniti, che fino a ieri pomeriggio in quanto ha rivestito l’incarico di consigliere regionale proprio al posto di Rappoccio – reintegrato nel ruolo giusto all’inizio della seduta consiliare del 24 luglio, terminata la sospensione dal suo scranno alla luce della scarcerazione –, ritiene che il “gioco” del ri-consigliere sia quantomai chiaro: la strategia di Antonio Rappoccio sarebbe «palesemente finalizzata a bizantineggiare», benché esista pur sempre la “spada di Damocle” dell’udienza del Tribunale della libertà del 7 agosto, che potrebbe comunque optare per la “revoca della revoca” dei domiciliari per l’ormai e esponente repubblicano.

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Resta una valutazione durissima (per quanto scontata fosse…) da parte dell’ex assessore regionale.

Le dimissioni di Antonio Rappoccio a partire dal 24 settembre prossimo, scelta che ieri questo blogger ha definito un comportamento da “dimissionario precario”,  «oltraggiano il Consiglio regionale perché – argomenta Chizzoniti – legittimano la consumazione di una moltitudine di reati della cui reiterazione nessun magistrato coinvolto inquirente o giudicante s’è minimamente preoccupato, sdoganando spericolatamente un consigliere che s’è esaltato strumentalizzando cinicamente il dramma della disoccupazione giovanile».

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25 luglio 2013

CASO RAPPOCCIO (1) // Rappoccio, dimissionario “precario” e senza Edera

Rappoccio Antonio intervistato
Oggi pomeriggio, a margine dell’inizio dei lavori del Consiglio regionale, l’attesa conferenza stampa del reintegrato consigliere di “Insieme per la Calabria” Antonio Rappoccio.

La prima vera notizia arriva prima dell’inizio dei lavori: «Non terrò a battesimo alcun Comitato, questi di Nessuno tocchi Rappoccio non so neanche chi siano…», ci dice l’esponente del Partito repubblicano (…almeno fin qui…) davanti all’Aula commissioni “Tonino Acri” prima dell’inizio dei lavori.

….che slitterà. Sì, perché Rappoccio non aveva tenuto conto che l’orario originario della conferenza stampa (14.30 circa) era stato diffuso dopo l’inoltro della nota del sedicente Comitato, però prima dell’invio ai media della sua nota “ufficiale” – invito stampa. In poche parole: gli *ignoti* animatori del sedicente comitato avevano conosciuto, «a sua insaputa», data e orario dell’incontro con la stampa prima che ne desse notizia l’interessato. Coincidenze curiose… Aggiungiamoci un’ulteriore spigolatura: diverse fonti confidenziali quanto affidabili (incluso qualcuno certamente vicinissimo al segretario nazionale del Pri, Franco Nucara) sostengono l’esatto contrario!, che cioè il presunto Comitato era ed è una creatura di Antonio Rappoccio. Chi avrà ragione? Ai posteri l’ardua sentenza (visto il tema, è proprio il caso di dirlo).

In seconda battuta, l’eletto di “Insieme.per la Calabria” non aveva tenuto conto di un altro “dettaglio”. Una conferenza stampa “da ospite”, facendo richiesta per tempo e regolarizza

Rappoccio conf. stampa (1)

ndo i relativi oneri (ormai, esiste un preciso Regolamento in materia) la si può fare quando si vuole a Palazzo Campanella; non così se un ex consigliere regionale in procinto di tornare nella qualifica desidera svolgere una conferenza “nel ruolo” istituzionale. Eh sì, in questo secondo caso il “minimo sindacale” è di attendere formale reintegra: dunque, le operazioni preliminari che caratterizzano la prima seduta assembleare utile, cioè quella di oggi.

Per cui la conferenza stampa non si poteva certo tenere alle 14,30 (come forse qualcuno aveva pensato, sperando che per una volta il Consiglio regionale iniziasse davvero all’orario previsto sulla carta, le 13: ma non è andata così neanche stamattina…) né alle 15. E s’è potuto dare inizio all’incontro solo alle 16.

Una conferenza stampa, va detto, in cui 9 parole su 10 non le ha dette certo l’interessato, ma il suo legale di fiducia Giacomo Iaria (al centro, nella foto).

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24 luglio 2013

Per la Cancellieri, un “comitato d’accoglienza” in piazza

Ad “accogliere” come vedete nella foto Cancellieri contestata (1)il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri davanti alla Prefettura – per la verità, più che altro ad attenderla all’uscita… – c’erano pure ben cinque ex amministratori comunali pidiellini di Reggio Calabria: Franco Germanò, fino a pochi giorni fa presidente della società mista “Recasi” e con un passato da assessore ai Lavori pubblici; Peppe Agliano, ex assessore al Bilancio e allo Sport con una lunghissima “carriera” in Assemblea; Daniele Romeo, già consigliere comunale pidiellino e oggi coordinatore del Pdl “Grande città” e strettissimo collaboratore del governatore Peppe Scopelliti (e già ai vertici della Giovane Italia regionale); Pasquale Naso, l’unico a essersi “affacciato” in Consiglio comunale solo nell’ultima, brevissima consiliatura (ma anche l’unico del gruppo ex “forzista” e non ex “aennìno”).

Il tutto, in una cornice legata fondamentalmente a due soggetti: la Giovane Italia, rappresentata da alcuni attivisti incluso il suo presidente provinciale Luigi Amato, e il Centro studi tradizione e partecipazione, schierato con Saverio Laganà e Nicola Malaspina (e alcuni dei “big” citati prima).

Inutile dire che questo drappello di esponenti politici di centrodestra non era lì per caso, no. Come si sussurrava nei giorni scorsi, in definitiva era impossibile che al ministro dell’Interno che ha decretato lo scioglimento del Comune di Reggio Calabria per «contiguità mafiose» non fosse riservata una qualche forma di contestazione, dopo le tante iniziative pubbliche di censura di quella decisione (incluso un pamphlet a cura dei parlamentari pidiellini della scorsa legislatura).

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21 luglio 2013

“Decreto Reggio”. Quel che rimane

QUESTO è l’aspetto con cui pochi anni fa, nel 2008, si manifestava uno dei muri del deposito Atam in costruzione – cioè uno dei quattro “poli” del Centro integrato di Mortara di Pellaro, tra le realizzazioni più onerose e prestigiose del “decreto Reggio”, insieme a Mercato agroalimentare, Mattatoio e canile – dopo alcune folate di vento (!) che buttarono giù ben 7 muri del futuro autoparco dell’Azienda di trasporto per l’Area metropolitana.

GIA’ AL TEMPO, alcuni addetti ai lavori inorridirono per la circostanza che il vento (non una tromba d’aria, eh) potesse aver praticamente distrutto un’intero edificio, per quanto non ancòra terminato o collaudato.
E ADESSO, dalle carte dell’arbitrato che consegnerà una somma spropositata all’azienda artefice di questo *bel* risultato, emerge che……

———– PER APPROFONDIRE, CLICCA SULLA FOTO ———– 

20 luglio 2013

Sparatoria a Reggio: un’intera famiglia colpita a fucilate

Un fatto di cronaca gravissimo s’è consumato in queste ore, nella zona Sud di Regchiesagio Calabria.

Un settantenne avrebbe atteso un nucleo familiare (madre e i suoi due figli) in un vicolo vicino alla chiesa di San Giovanni Nepomuceno di Arangea, a un passo dallo svincolo autostradale e da un frequentatissimo bar.

L’uomo sarebbe il cognato della donna.

Fatto sta che alla mera vista della signora l’uomo, a quanto pare senza profferire parola, «per futili motivi» – apparentemente, un parcheggio conteso… – avrebbe fatto fuoco centrando tutt’e tre i bersagli a colpi di fucile, un fucile che aveva portato con sé (dato che suggerisce un agguato premeditato vero e proprio).

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Il delirio xenofobo passa una volta ancòra dai social network

«Andatevene a fanazionalistitalianinculo, voi razzisti di merda e le minkiate colossali che dite. Mi vergogno d’appartenere alla vostra stessa nazionalità». Lei è bella, si chiama Stefania (cancellato il cognome) e, in uno status “pescato” da Facebook, appare accanto a un ragazzo di colore e si lascia andare a questo severo commento probabilmente in relazione ad altri contenuti “avvistati” sul social network.

Una “colpa” immediatamente ripagata con moneta sonante su una pagina Fb che sprizza il più becero razzismo da tutti i pori: “Nazionalisti italiani”.

«Lei è un esempio, viaggia per farsi fottere dagli africani», è l’elegante didascalia che si può leggere sotto la foto. Un commento che ha riscosso il gradimento di 368 persone all’una di stanotte e decine e decine di commenti xenofobi contrassegnati dalla più squallida asprezza verbale.

«Sta troiaccia di merda! – commenta “Marius Anonimo” -. Non  sei tu a vergognarti, ma noi italiani e l’Italia intera a vergognarsi d’avere una mancata negra tra noi». In molti (Gianluca Gennari, Alessandra Blanzieri, “Urkan Il Nero” e tanti altri) si lasciano andare a sobri commenti del tipo: «Puttana!» o «Ma chi è ‘sta cogliona?». Altri violentissimi commenti: «Donna-wc», chiosa Valerio Arroganza.

Molto gettonato il commento di Carlo Mattana: «Ma la vorrei sentire dopo che il negro l’avrà venduta per due cammelli al primo che passa! O le avrà staccato la testa perché ha abbracciato un vecchio amico!».

Xenofobia per xenofobia, Loris Cingolani si lascia andare a un’altra prova di strabiliante eleganza: «Sicuramente sarà ebrea». Mentre Torri Goffredo tenta lo sfottò a sfondo sessuale: «Aprite la mente dice!!!, lei apre le gambe ed è intelligentissima», scrive Torri Goffredo.

Non mancano i commenti che incitano apertamente alla violenza o ad atti autolesionistici, spesso anche da navigatrici del web: «Sparatiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!», scrive Stefania Ele Zanol. «Un colpo di pistola… amen troia di Arcore», è l’assurda istigazione di Morra Moreno Ducoli. Non è da meno, quanto a violenza verbale, Thomas Duca: «Non dovevate togliergli il cognome – recitano gli insulti in un italiano stentato -, devo fare un bel discorsetto a questa troia».  «Bei tempi quelli dei squadroni della morte!!!», fa eco quanto ad accenti nazifascisti e ad analfabetismo di ritorno Federico Calvarese. E poi molte altre frasi agghiaccianti, non ultima: «Tanto, morirà di Aids… spero presto» (Gian Paolo Mariani).

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4 luglio 2013

Un rifiuto delle mafie “corale”. Per la prima volta, le istituzioni del Mezzogiorno si uniscono per opporsi ai clan

Una risposta “corale” del Mezzogiorno per non farsi stritolare dai tentacoli delle mafie.

magmagE’ quanto si va elaborando – su idea del presidente della Commissione regionale contro la ‘ndrangheta Salvatore Magarò – in Calabria (Regione proponente), Campania, Sicilia e Puglia.

Le altre regioni hanno accettato entusiasticamente l’invito a far parte dell’organismo, che avrà carattere itinerante e tenterà di coinvolgere il maggior numero d’interlocutori (non solo istituzionali)….

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3 luglio 2013

Catanzaro, da Radicali e Cgil nasce un Osservatorio antidiscriminazioni

Sarà formalizzato domani a Catanzaro un Protocollo d’intesa tra la Camera del lavoro di Catanzaro e l’associazione radicale “Certi diritti” (segretario, Yuri Guaiana) per la costituzione di un Osservatorio sulle politiche di genere e di pari opportunità. Un punto di partenza, ma anche già un primobandiera Cgil significativo risultato in sé: è la prima volta, infatti, che in Calabria la Cgil (guidata in àmbito calabrese dal campano Michele Gravano) e i Radicali, che hanno il loro indiscutibile punto di riferimento bruzio in Marco Marchese (attivissimo sul territorio e già più volte candidato al Parlamento e alla Presidenza della Regione) collaborano creando, oltretutto, una struttura dal grande significato, quantomeno in prospettiva e nella lotta per i diritti.

 L’Osservatorio vuol essere «una struttura complessa di servizio al territorio» a cavallo tra il database, il sistema di documentazione e il centro progettazione, pronto al contempo a salire di livello, diventando un «centro polifunzionale» in grado di monitorare il pianeta-lavoro e la più ampia utenza dei diritti per stimolare un’adeguata, crescente interazione con l’organismo nascente.

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